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Ci vuole tempo
di Donata Glori
Proviamo tutti per un attimo ad aprire la porta di un’aula.
Ci vengono subito incontro bambini e bambine, avidi di sapere, desiderosi di riportare le proprie esperienze, ricchezze e disagi. Portano con sé un mondo complesso, a volte difficile da interpretare, hanno un bisogno enorme di entrare in dialogo tra pari e con adulti capaci che abbiano il tempo di ascoltarli, adulti competenti nella loro costante opera di mediazione, capaci di aiutarli ad ordinare le esperienze. La scuola di tutti i giorni è un continuo laboratorio di apprendimento di consolidati e nuovi linguaggi.
Soffermiamoci ancora a guardare i bambini e le bambine di una qualsiasi classe. Ci appaiono sono molto diversi dalla massa silente che immagina la Gelmini: vediamo subito che c’è chi è veloce nell’apprendimento, intuitivo, chi ha bisogno di provare e riprovare per passaggi progressivi, chi impara osservando gli altri, chi impara in gruppo, chi da solo, chi ha bisogno di essere continuamente rassicurato. Per tutto questo ci vuole tempo.
A proposito del tempo pieno e del fatto che nella circolare si specifichi che non ci sono le compresenze, Dutto, avallando la preparazione dei dirigenti scolastici che sottolineano l’improrogabilità di far deliberare i Collegi dei Docenti sulla finalità didattiche e pedagogiche delle ore di contemporaneità, garantendole agli alunni dai tagli d’organico, dice:
” Si dice senza compresenze, questo non per abolire i momenti, diciamo, di presenza dei due insegnanti, ma per richiedere che queste compresenze siano finalizzate esplicitamente, cioè mentre prima erano un dato, come dire, garantito, o comunque che poi la scuola gestiva, oggi, anche perché è difficile altrimenti organizzare il servizio scolastico tenendo conto della presenza di due insegnanti, quelle quattro ore in più o le ore che derivano magari dalla presenza dell’insegnante di inglese come specialista o dell’insegnante di religione, queste devono essere esplicitamente finalizzate; quindi, diciamo, una buona gestione da parte delle scuole consente di mantenere l’idea del tempo pieno come progetto educativo e non semplicemente come orario 40 ore, questa è la nostra posizione.”
Alla domanda relativa ai moduli integrativi presentati dai genitori in aggiunta a quelli deliberati dai Consigli d'Istituto“Questi moduli in cui si chiede la compresenza e che possono essere protocollati, hanno un valore?” Dutto risponde:
“Questi sono altri moduli con cui la scuola raccoglie le scelte e le preferenze dei genitori, quindi se ci sono altre informazioni o altre richieste, la scuola deciderà, valuterà.”
Relativamente alla scelta del modello orario nel modulo di iscrizione approvato nelle singole scuole, Dutto, smentendo completamente le rassicurazioni della Gelmini, dice che alla fine le richieste dei genitori devono fare i conti con il tempo scuola presente nei POF e con gli organici che alla fine verranno comunicati agli istituti :
“Questa non è la scelta dei genitori del modello, è una preferenza che il genitore esprime, questo consentirà alle scuole, una volta che ricevono gli organici assegnati all’istituto, di decidere qual è l’offerta formativa reale."
Riguardo al modulo di iscrizione allegato alla circolare, Dutto dice:
“Abbiamo dato un modello a titolo meramente indicativo, ci mancherebbe che andassimo oltre l’autonomia delle scuole.”
Lo Schema di Regolamento deve ottenere il parere della Conferenza Unificata Stato-Regioni e del Consiglio di Stato, per poi essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale come Decreto del Presidente della Repubblica, prima di diventare norma a tutti gli effetti, ma è bene prendersi per tempo per valutare la possibilità di autodifendersi.
Dando per scontata la necessità di proseguire la lotta per il ritiro dell’art. 64 della legge 133, il quale sovrintende ai pesanti tagli previsti dai Regolamenti attuativi, proviamo però a vedere se esiste la possibilità di rendere inapplicabili queste norme.
L’aumento generalizzato del numero degli alunni per classe, se da una parte va a peggiorare la qualità dell’offerta didattica ed educativa, rendendo impossibile l’intervento individualizzato, il recupero in itinere e la lotta alla dispersione scolastica, dall’altra rappresenta un attentato al benessere a scuola e alla sicurezza.
I nuovi parametri per la formazione delle classi, infatti, confliggono con le norme previste dal D.M. 18 dicembre 1975 (Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici minimi di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica) e dal D.M. 26 agosto 1992 (Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica).
Scuola per scuola, plesso per plesso, in sede di formazione delle classi, dobbiamo controllare, puntando sulla contraddizione che il Dirigente Scolastico è responsabile dei tagli (comma 5 dell’art. 64 della legge 133) e del rispetto dei parametri relativi alla formazione delle classi conseguenti ai tagli (comma 6 dell’art.4 dello Schema di Regolamento in questione), ma è anche responsabile della sicurezza come datore di lavoro, ai sensi della 626 (ora Decreto Legislativo 81 del 2008).
Il 14 febbraio in piazza Duomo si chiuderà la campagna delle "Segreterie della Buona Scuola" lanciata dall'Assemblea delle scuole del milanese.
Una campagna che si oppone al processo di distruzione della scuola pubblica avviata dal governo Berlusconi con i suoi ministri Gelmini e Tremonti e che ha visto il popolo della scuola dire con chiarezza che l'istruzione, per tutti e per tutte, è un bene comune e l'impoverirsi di questa risorsa impoverirà l'intera società.
Oggi insieme alla scuola pubblica sono oggetto di un attacco massiccio tutti i settori del sapere, della ricerca e del pensiero produttore di conoscenza; anche la Storia del nostro paese viene smontata e riscritta cancellando la memoria e svilendo addirittura alcuni principi fondanti della nostra Costituzione.
A Milano lo sgombero del Conchetta e quello annunciato dell'ambulatorio popolare di Via dei Transiti è indice di una situazione di assoluta chiusura di una parte di questa città nei confronti del lavoro invisibile dell'intelligenza, verso quei luoghi in cui la società si sogna, si inventa e sperimenta i modi e le forme del fare cultura, solidarietà, integrazione.
Non vogliamo rassegnarci alla lenta agonia di una città, la nostra, che ha in sé, nella sua storia, nelle sue donne e uomini la capacità di ricominciare a vivere, a desiderare e a pensare.
Per questo il 14 febbraio dalle 15 alle 19 e anche oltre, vorremmo trasformare piazza Duomo in un luogo di incontro dove tutte le realtà, le persone, le associazioni, i gruppi che esprimono quotidianamente questa volontà rendano viva la piazza e la città ciascuno con le proprie modalità, con la propria creatività, la propria storia, la propria passione.
Vorremmo che il 14 febbraio piazza del Duomo sia di tutti quelli che non si rassegnano a veder morire Milano, soffocata dall'egoismo, dall'ignoranza, dal razzismo e dalla xenofobia...
Noi amiamo la scuola pubblica: non ci stancheremo... si stancheranno prima loro!
Quelle e quelli di Retescuole
L’inviato Vincenzo Saccone ci restituisce poi la passione e le lotte di una “Preside coraggio” che si batte affinché i ragazzi di una periferia degradata campana possano attraverso la scuola riscattare la loro difficile condizione. In questo microcosmo sfilano bidelli rassegnati, insegnanti sconfitti, ragazzi demotivati, figli di storie drammatiche, e lei, la preside, che lotta contro tutto ciò.
Insieme a Riccardo Iacona scopriamo invece realtà scolastiche positive: partiamo dalla Svezia dove in una scuola alla periferia di Stoccolma si investe con i migliori insegnanti e le migliori risorse proprio sulla formazione degli studenti stranieri, per tornare infine in Italia dove accompagnato da Sabrina Carreras, Iacona ci mostra il modello emiliano, in particolare quello di una scuola di Bologna, un esempio di eccellenza, che rischia però di essere messo in discussione dalla recente riforma Gelmini.
Iscrizioni alle porte ma come sceglieranno i genitori? E sopratutto, quale sarà l’offerta didattica? Quante prime avranno il maestro unico? Quanti studenti potranno usufruire della mensa? E le classi successive alla prima, troveranno in cattedra gli stessi insegnanti? Saranno sempre consentite le uscite didattiche? Non solo: l’educazione fisica avrà ancora un voto in pagella o sarà valutata a parte come religione? Fatti, pilastri dell’istruzione, che i direttori scolastici e i presidi non potranno garantire. Hanno le mani legate: illustreranno un Pof, piano dell’offerta formativa, che sarà solo virtuale. Perchè non sanno se saranno in grado di garantire il tempo pieno, gli anticipi alla scuola dell’infanzia e tutto il resto. E la circolare Gelmini (forse oggi la firma) non aiuta: è un rebus di contraddizioni. 22 pagine compresive dei moduli che le famiglie dovranno compilare alla cieca. Già i genitori, i grandi beffati della controriforma Gelmini.
modello supermarket
Berlusconi e la ministra unica dell’Istruzione fin dal «golpe» d’autunno non hanno fatto altro che cercare il consenso delle famiglie. «Il maestro sarà unico solo se le famiglie lo scelgono», il tempo pieno «non verrà cancellato ma incrementato» e poi sotto Natale il «regalo» dell’inglese potenziato, senza dire la verità alle famiglie dei ragazzini che andranno alle medie: 5 ore a settimana di english ma a discapito della seconda lingua straniera comunitaria. Una strategia di governo da boomerang. I vari modelli orari da scuola supermarket: 24 (maestro unico), 27, 30 (con attività opzionali a carico delle scuole) e 40 ore (tempo pieno con 2 docenti ma senza compresenza), sulla carta ci sono ma la scelta della famiglia è subordinata agli organici che il ministero tirerà fuori solo a fine estate, alla disponibilità dei locali, all’erogazione dei servizi, agli strumenti didattici disponibili.
«Siamo delusi», è lo sfogo dei genitori democratici, l’associazione nazionale fondata da Marina Musu e Gianni Rodari. «Con la circolare Gelmini vengono smentite tutte le legittime aspettative delle famiglie», sottolinea Angela Nava, presidente del Coordinamento genitori democratici (Cgd). I telefoni dell’associazione in questi giorni sono bollenti. «Chiamano mamme e papà disperati. Le scuole sono nell’incertezza più totale per le promesse-spot». In più la circolare sulle iscrizioni cade a ridosso degli scrutini con la pagella in voti.
La garanzia del tempo scuola e dell’offerta didattica sono fondamentali anche per l’organizzazione di vita delle famiglie italiane. «Un genitore vuol sapere se gli insegnanti di suo figlio resteranno in quella cattedra per tutto il ciclo di studi. Sceglie per suo figlio il meglio e non una scuola con un’offerta al minimo su didattica e servizi - conclude Nava -. Si capirà che nella scuola non si possono operare tagli indiscriminati?».
MARISTELLA IERVASI
miervasi@unita.it
Inizio d’anno nel caos per la scuola, e la circolare del ministro non migliora la situazione. Oltre a essere confusa e ad avere vizi formali. Anzi Mario Piemontese dimostra che la circolare è fuorilegge. Intanto si simula il caos che verrà, si riflette sul tempo pieno (qui) e sulla valutazione (qui, qui, qui). Si parla anche del ministro che verrà… mentre la scuola si riorganizza: a Milano, a Bologna, a Firenze, i precari…
Voglio fare la maestra
di Donata Glori
Passo spesso per un’ ottimista ai limiti dell’ottusità, questa volta non è così.
Complici malattia e vacanze a sprazzi ero riuscita a tenermi un po’ fuori dall’assillo dell’ orribile Controriforma Gelmini-Tremonti-Brunetta-Aprea-Cota e dagli scenari che si aprono per il nuovo anno per godermi Natale, famiglia e amici.
Sono rientrata molto sfiduciata, sento che ho consumato quasi tutte le energie di cui sono capace per contrastarla, per cercare forme di opposizione ma devo ammettere che sono stanca.
Stanca di vedere quello che i più non vedono o fingono di non vedere: la distruzione della scuola pubblica.
MILANO - E ora? «E ora inizia la guerra ». Anche se la circolare sulle iscrizioni è stata pubblicata, «non ci diamo per vinti», dicono i genitori di Retescuole. Mamme e papà contro il maestro prevalente, i voti al posto dei giudizi, gli anticipi (in classe a 5 anni). Pronti a scendere in piazza per una nuova stagione di proteste: tre settimane in difesa «della buona scuola ». Obiettivo: «Rivogliamo le compresenze». Il nodo, come sempre, è il tempo pieno. Nonostante i tagli, il ministro Mariastella Gelmini è riuscito a conservare lo schema delle 40 ore settimanali per le elementari. «Ma — accusano insegnanti e famiglie — il modello pedagogico è stato completamente snaturato: mancano le compresenze».
Addio allo schema dei due maestri impegnati contemporaneamente con i ragazzi per quattro ore settimanali. La circolare del 16 gennaio dice così: «Per le prime classi sarà introdotto l'insegnante unico di riferimento». Quindi: «Le prime possono essere formate a 24 ore; a 27; a 30; a tempo pieno, con 40 ore e con due docenti, senza le compresenze, assicurando comunque l'assistenza alla mensa». Stessa cosa per le classi successive. Una maestro per 22 ore settimanali, uno per 14. «Le compresenze — spiega Mario Piemontese, tra i leader di Retescuole — servono per intervenire sulle situazioni più difficili: solo con due insegnanti è possibile lavorare su gruppi più piccoli e fare attività di recupero». Il timore, dicono ancora i genitori, è che si torni a «scuola del mattino» e «scuola del pomeriggio», soprattutto alle medie.
Tempo pieno, un rebus da risolvere. E che divide: chi accoglie con favore le novità introdotte dal ministro Gelmini, chi annuncia nuove manifestazioni. Retescuole farà partire da sabato la «Campagna della buona scuola»: «Chiederemo alle famiglie — spiega Alberto Ciullini, altro fondatore del movimento — di integrare il modulo di iscrizione con la richiesta delle compresenze ». Tre settimane «per salvare il tempo pieno»: davanti agli istituti saranno sistemati banchetti informativi, due camper gireranno per la città spiegando le ragioni della protesta, saranno organizzate assemblee, un gazebo in piazza Duomo coordinerà le attività. La campagna partirà sabato pomeriggio da piazza della Scala e terminerà il 14 febbraio. «Consegneremo migliaia di firme all'ufficio scolastico regionale». Ma sul tema anche la direzione didattica si sta muovendo: per domani a Roma è previsto un incontro sugli organici destinati alla Lombardia. Uomini e risorse. Il vero problema.
Ne sono arrivate più di 400, in pochi giorni: email partite dall'Italia, un piccolo maremoto di protesta. Mittenti: in gran parte insegnanti, ma anche genitori. Destinatari: la Commissione europea, e soprattutto il commissario europeo al multilinguismo, Leonard Orban. La richiesta: salvare l'insegnamento alla scuola media del francese, dello spagnolo o del tedesco, cioè della «seconda lingua comunitaria » che dall'autunno diventerà facoltativa.
Imputata, o presunta imputata: il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. Che, a metà dicembre, stabilì: «a richiesta delle famiglie e compatibilmente con le disponibilità di organico e l'assenza di esubero dei docenti della seconda lingua comunitaria, è introdotto l'insegnamento potenziato dell'inglese per 5 ore settimanali complessive, utilizzando anche le ore d'insegnamento della seconda lingua comunitaria». Vale a dire: l'inglese potrà passare da 3 a 5 ore settimanali, e le 2 ore in più le cederà l'altra lingua. «Ma questo aiuterà gli italiani a sentirsi più europei?», chiedono i messaggi giunti a Bruxelles. «No, è un regolamento anti-europeo». E ancora: «È noto il gran divario linguistico che ci divide dagli altri Paesi Ue, parliamo poco le lingue straniere. Ora le parleremo ancor meno! Altrove si investe sulla seconda lingua straniera, pensiamo che l'Italia dovrebbe fare lo stesso...».
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