di Alessandra Casarico
e Paola Profeta
In questi giorni d'intenso dibattito e confronto sul futuro della scuola pubblica italiana in seguito alle riforme e ai tagli proposti dal Governo, si riaccende l'attenzione sul legame tra l'organizzazione del sistema scolastico, soprattutto della scuola primaria, e l'occupazione femminile.
Il cosiddetto "tempo pieno" per tutti nelle scuole pubbliche primarie ha rappresentato un servizio educativo importante e un aiuto prezioso per le famiglie del Nord, in particolare quelle in cui la donna lavora, mentre è ancora un miraggio per quelle del Sud. Nonostante arrivino rassicurazioni dal Governo, la recente riforma potrebbe avere come conseguenza la riduzione del tempo pieno nelle scuole primarie, almeno nelle modalità in cui esso è attualmente fornito, e cioè come attività scolastica di qualità e non come "dopo-scuola".
Le scuole infatti dovranno utilizzare risorse proprie per continuare a offrire l'orario pomeridiano e, come stanno già spiegando alle famiglie nel corso di riunioni e assemblee, la maggior parte di esse non disporrà di questi fondi o non lo sa.
Ci auguriamo che questa ambiguità venga risolta, perché gli effetti di una riduzione dell'offerta (del tempo pieno n.d.r.) non riguardano solamente il mondo della scuola e le famiglie con figli in età scolare ma, attraverso il legame con l'occupazione femminile, invadono l'intera società ed economia italiana. L'Italia è spaccata in due: al Nord tassi d'occupazione femminile non lontani dalla media europea (circa il 58%) si associano alla diffusione capillare del tempo pieno nelle scuole primarie.
Al Sud tassi d'occupazione femminile molto bassi (il 31%) si accompagnano a un utilizzo limitato del tempo pieno.
SEGUE>>>
mercoledì 12 novembre 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento