lunedì 10 novembre 2008

La parola alle maestre


"Viva la scuola" ha deciso di seguire "La parola alle Maestre", un'iniziativa proposta da un gruppo di insegnanti della scuola primaria pubblicando il loro materiale e invitando tutte le maestre che vogliano prendere parte all'iniziativa ad inviarne di proprio all'indirizzo e-mail indicato.


Siamo un gruppo di maestre e abbiamo costituito una redazione che ha invitato a scrivere le insegnanti di scuola primaria e dell’infanzia a partire da sé e dalla propria esperienza professionale e umana, costruita negli anni lavorando insieme.
Abbiamo ricevuto tanti articoli e lettere da tutta Italia e siamo molto contente, perché tutte abbiamo fatto uno sforzo di parola per dire e testimoniare il nostro impegno civile, umano e culturale per la scuola di tutti e per tutti.
Non siamo abituate a prendere parola nelle grandi assemblee. Per lo più siamo donne timide e riservate e molte di noi non hanno nemmeno completa consapevolezza di quanto di straordinario fanno ogni giorno.
Ma le politiche di questo governo, la nostra consuetudine alla collaborazione e al dialogo con chi abbiamo vicino, ci hanno spinto ad agire in prima persona.
C’è un nuovo nostro sentire che sta emergendo: siamo fiere e orgogliose di quello che abbiamo realizzato in anni e anni vissuti nella scuola e siamo determinate a non lasciarcelo strappare.

Sosteniamoci a vicenda: la miglior linfa per il lavoro fertile che produce mutamento e trasformazione è spendersi in prima persona, senza più delegare, con orgoglio e con la consapevolezza che possiamo farcela.

Chi volesse inviarci i suoi scritti o darci suggerimenti si faccia viva, si metta in contatto con noi.

Giovanna Pisano, (scuola via S. Erlembardo, Milano) takeban@libero.it


Maria Carla

Sono un’insegnante, madre di tre figli ormai grandi, che lavora da 32 anni nella scuola elementare statale e su questa voglio mettere la mia attenzione.
Ho lavorato e lavoro ancora con passione. E la passione credo sia nata quando ho scoperto, e non l’avevo imparato a scuola, che il mio lavoro si gioca tutto nella relazione. Questo termine è carico di significati perché è fatto da due elementi complessi: da una parte la persona adulta - l’educatrice, l’educatore, portatore della propria visione del mondo, della propria affettività e del proprio modo di rapportarsi con gli altri - e dall’altra la persona bambina o bambino - con la varietà più ampia di sfumature e di delicatezze che l’infanzia può contenere, in contesti sereni o segnati da fatiche famigliari; ma si potrebbe anche intendere così: c’è la persona adulta e ci sono le tante persone bambine e bambini insieme nel gruppo classe, e questo è un altro mondo relazionale ancora che si crea nelle aule, e che crea scenari, a volte dirompenti, a volte piene di sorprese, altre anche di fatiche. La possibilità di interagire con il mondo delle bambine e dei bambini in una relazione positiva è l’esperienza più grande che è dato vivere a un’educatrice/educatore.
Attraverso la relazione passa anche l’insegnamento/apprendimento e ci passa bene se assieme a quello c’è anche la vita di chi si mette in gioco (l’insegnante), la vita tutta intera, con le tensioni ideali e lo sforzo quotidiano alla coerenza, con la sofferenza e la consapevolezza sincera e onesta della propria fallibilità, ma con l’energia del saper ricominciare e la gioia dello stare insieme.
La relazione però ha bisogno del tempo, vive e diventa sostanziosa se le si permette di crescere. E ci vuole tempo se si vuol ascoltare l’infanzia, senza la fretta che caratterizza le nostre azioni: tempo per capire, tempo per scambiarsi le opinioni e imparare ad ascoltarsi.
Ora, come è possibile che si possano costruire relazioni significative in tempi più ridotti, compressi - le 24 ore settimanali di cui parla il decreto Gelmini - in cui si vuole far stare dentro tutto (le materie) e tutti (con un aumento fino a 30 alunni nella classe) ?
Un altro aspetto che rende unica la scuola elementare e quella dell’infanzia è lo scambio relazionale che si attua tra insegnati nella preparazione in comune del lavoro, nella discussione sui singoli casi, nella sperimentazione di strategie nuove nate dallo scambio creativo. Attraverso questa relazione cresce la qualità del sapere e la capacità dell’atto formativo, perché è in questo scambio dialogante che si migliorano e si potenziano le peculiarità di ciascuno, anche degli insegnanti.
La protesta, anche la mia protesta, non è protesta di una parte politica, ma è di chi vuole lavorare bene, di chi ha cuore il proprio mestiere e l’infanzia.
Miglioriamo la scuola, mettiamoci insieme a vedere cosa possiamo cambiare e dove e come possiamo attuare razionalizzazioni, ma non cambiamo la struttura di base che ci permette di dare a ciascun bambino e bambina quello di cui ha bisogno, a partire dalle proprie possibilità, siano esse più alte o più modeste.

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