Una delle novità di questo prodigioso movimento in difesa della scuola pubblica sono le maestre e i maestri delle elementari scesi in piazza a difesa di un progetto educativo che è il vero obiettivo dell'attacco del governo. È, quindi, necessario, nella nostra discussione, capovolgere il punto di vista.
Sono i tagli del ministro Tremonti a servire da copertura a una reazione in campo educativo che ha i suoi punti di forza proprio in quegli atti simbolici (il grembiulino, i voti, la condotta) rispetto ai quali il senso comune, sia a destra che a sinistra, vede, invece, un rassicurante ritorno al buon tempo andato. Anche sul «maestro unico» l'opposizione politica ha fatto proprie le ragioni sindacali e di garanzia del servizio per le madri lavoratrici, ma non la questione di fondo. La scuola elementare italiana, che è tra le migliori del mondo, non piace alla destra, perché in essa, nelle sue maestre e maestri, è operante quell'insieme di culture di innovazioni pedagogiche e pratiche educative che, sono nate dalla rivoluzione copernicana dell'«educazione attiva»: mettere al centro l'attività spontanea, personale, produttiva dei bambini; educare attraverso la relazione con l'ambiente e l'esperienza pratica; dare un ruolo formativo all'attività manuale; individualizzare il programma educativo per esaltare attitudini e recuperare difficoltà di ciascuno.
L'abolizione del grembiule ribadiva l'idea che la scuola non doveva essere una caserma, ma una comunità, un modo di vita sociale.
Leggi tutto l'articolo di Mario Sai sul Manifesto
lunedì 24 novembre 2008
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