domenica 14 dicembre 2008

E ora, che fare?

L'altro giorno due mie alunne americane, in Italia per uno scambio culturale, di fronte alla circolare del dirigente scolastico riguardante lo sciopero del 12 dicembre mi hanno chiesto, in un italiano stentato: “ma in Italia gli insegnanti sono sempre in sciopero?”.
Non è stato facile rispondergli che, storicamente, il corpo docente è al contrario uno dei meno attivi su questo fronte, come dimostrano i salari, lo status giuridico e il prestigio di cui gode nella società italiana. Ma quest'anno è diverso – ho comunque voluto aggiungere in un inglese approssimativo e con un pizzico di orgoglio: "in ballo c'è la vita dell'istruzione pubblica".
E così il 12 dicembre in classe non c'era nessuno: né io, che ho scioperato, né gli alunni e le alunne italiane, che un po' sono rimasti a casa un po' sono andati in manifestazione, né, per solidarietà, quelle americane. E ora?
Il 12 dicembre rappresenta il culmine di una mobilitazione iniziata questa estate, quando l'opinione pubblica, complice un sistema mass mediatico completamente asservito al potere, si spellava le mani di fronte agli slogan governativi sul “grembiulino e cinque in condotta”. Allora nessuno avrebbe potuto immaginare che solo pochi mesi più tardi le piazze si sarebbero riempite di docenti, studenti, universitari e genitori, costringendo i sindacati a intraprendere forme di lotta più efficaci e i media ad entrare più nel merito della questione. E quanti, di fronte ai primi scioperi e all'estendersi delle lotte, potevano sperare in qualche, seppur parziale, dietrofront del Ministero dell'Istruzione (anche se non è nel Dna di questo governo ammettere i propri errori né le proprie debolezze o divisioni interne)? In pochi mesi il movimento è stato in grado di sfidare l'aperta ostilità di gran parte dei media e di un governo incapace di comprendere che – come scrive lo studioso americano Jerome Seymour Bruner – “nessuna riforma dell'educazione può decollare senza la partecipazione attiva e onesta degli insegnanti, disponibili e pronti ad aiutare e a condividere, a offrire conforto e supporto [...] perché sono loro, in ultima analisi, gli artefici del cambiamento” (Jerome Saymour Bruner, “La cultura dell'educazione”, Campioni del Sapere / Feltrinelli, 1996)
Ma ora?
Lo sciopero è arma sicuramente efficace, ma non è la sola.

Segue>>>>




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