domenica 19 ottobre 2008

Classi Differenziali ... discutiamone! (parte seconda)


Classi Differenziali ... non funzionava allora, funzionerebbero adesso???



Dalle classi differenziali e integrazione scolastica

Nella seconda metà degli anni Sessanta la scuola non può fare a meno di rispecchiare quelle differenze economiche sociali e culturali che il boom economico ha evidenziato, si avverte sempre di più l’esigenza d’istituire quelle classi differenziali che, nelle intenzioni del ministero, hanno il compito di recuperare quei ragazzi soggetti a disturbi transitori.

Nella legge del 21 dicembre del 1962, che istituiva la nuova scuola media, proprio l'esigenza di far corrispondere le risposte didattiche ai problemi posti dalla scolarizzazione di massa portò a prevedere le cosiddette classi differenziali. Classi, cioè, nelle quali venivano inseriti gli alunni con problemi di apprendimento, per i quali venivano conseguentemente predisposti dei percorsi specifici. A dispetto dell'intento positivo che le animava, le classi differenziali si rivelano un fallimento clamoroso e non hanno, di fatto, eliminato il problema.

Solo nel 1977 con la Legge 517 vengono abolite le classi differenziali per gli alunni svantaggiati, consentendo a tutti gli alunni in situazione di handicap di accedere alle scuole elementari e alle scuole medie inferiori con il supporto di insegnanti di sostegno specializzati. A trent'anni dalla sua emanazione le indicazioni della legge 517 restano fondamentali per realizzare la qualità dell'integrazione scolastica.


L’emigrazione e la scuola multiculturale

Nel 1984 gli alunni stranieri iscritti nelel scuole italiane sono 6104, vent’anni dopo, nel 2004 sono 200.000. Si prevede che nel 2010 saranno oltre 500.000 provenienti da 186 diversi.

Le nazionalità maggiormente diffuse sono quella albanese, marocchina ed ex jugoslava; in forte aumento risultano anche gli studenti provenienti da Romania ed Ecuador.

La sempre maggiore presenza di minori stranieri nelle scuole italiane implica la necessità per il sistema scolastico italiano di aprirsi alle esigenze di una scuola sempre più multiculturale e di contribuire ad una piena integrazione degli alunni stranieri e delle loro famiglie nella nostra società.

Il nostro sistema scolastico ha compiuto l’importante scelta di non separare i bambini stranieri dal resto della classe, ma di integrarli insieme ai compagni italiani facendo attenzione, comunque, a non superare il numero di cinque stranieri per ogni classe. Inoltre, se necessario per un rafforzamento delle loro competenze, per gli alunni immigrati sono previste delle ore di insegnamento extra. Una particolare attenzione va riservata, naturalmente, al potenziamento della lingua italiana.


Fonte “la storia siamo noi” trasmissione di Giovanni Minoli
Guarda la puntata integrale "Leggere Scrivere e far di conto"



Flessibilità didattica: lavorare per gruppi:

Rendimento negativo
Da quando, negli anni Sessanta, ha preso piede in Italia la scolarizzazione di massa, uno dei principali impegni dei docenti è stato quello di ridurre il numero degli alunni con rendimento negativo.
Rispetto a un tale impegno, ha assunto particolare importanza il problema della formazione delle classi: non essendoci strumenti di flessibilità che consentissero di articolare il gruppo classe costituito, non rimaneva che agire sulla distribuzione degli alunni nelle classi medesime.
Nella legge del 21 dicembre del 1962, che istituiva la nuova scuola media, proprio l'esigenza di far corrispondere le risposte didattiche ai problemi posti dalla scolarizzazione di massa portò a prevedere le cosiddette classi differenziali. Classi, cioè, nelle quali venivano inseriti gli alunni con problemi di apprendimento, per i quali venivano conseguentemente predisposti dei percorsi specifici.
A dispetto dell'intento positivo che le animava, le classi differenziali si sono rivelate un fallimento clamoroso e non hanno, di fatto, eliminato il problema. Ancora oggi, infatti, capita di sentir parlare di classi "buone" e "cattive".
In effetti, nonostante si utilizzino, ormai da decenni, strumenti statistici di vario genere per la formazione delle classi iniziali dei cicli, persiste tutt'ora l'idea che vi esistano classi dal "destino segnato".
Con l'autonomia scolastica si fissa ora l'obbligo, per le scuole, di raggiungere il traguardo di un "successo formativo" esteso al maggior numero di alunni. E questo dovrebbe contribuire a limitare la percentuale di alunni respinti.
Ma la novità più incisiva consentita dagli strumenti della flessibilità didattica è quella per cui la formazione delle classi si coniuga ormai con la formazione e la gestione di gruppi di apprendimento diversi dalle classi medesime. Questo potrà consentire che le classi siano alla fine composte da alunni che come si dice "vanno bene", da altri che "vanno male", da altri ancora che hanno rendimento intermedio, senza che il flusso didattico ne abbia a soffrire.

Flessibilità dei gruppi
Col metodo dell'articolazione flessibile, l'autonomia consente di suddividere temporaneamente la classe, l'insieme degli alunni di più classi o più sezioni in sottogruppi diversi.
Giova ricordare che nessuna norma parla di abolizione della classe. Questa, al contrario, resta il gruppo fondamentale di riferimento della attività didattica. E va altresì rammentato che la flessibilità dei gruppi deve tener conto del principio generale dell'integrazione.
E questo riguarda, in special modo ma non solo, gli alunni con problemi di handicap. A cosa serve la flessibilità dei gruppi? Essa ha lo scopo di valorizzare le diversità e di promuovere le potenzialità di ciascuno al fine di realizzare il successo formativo.
Per raggiungere tale obiettivo si potranno allora costituire temporaneamente gruppi di livello rivolti ad allievi particolarmente capaci perché essi possano conseguire determinate competenze. Così come potranno sorgere dei gruppi per riallineare allievi in difficoltà al rendimento medio della classe di appartenenza.
Raggiunti tali obiettivi, il gruppo classe andrà senz'altro ricostituito. Qualora, infatti, si rendesse permanente la suddivisione degli alunni in base al profitto, verrebbe meno la dialettica necessaria e stimolante tra soggetti con diverse capacità, e si riprodurrebbe, infine, la situazione fallimentare delle classi differenziali.

Fonte: un sito di Rai Educational a cura del "Ministero dell'istruzione" che tratta di corsi di aggiornamento

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